GUERRA SENZA LIMITI, GUERRA AMORALE
La situazione
L’attacco alla superpotenza mondiale statunitense dell’11 settembre e la conseguente invasione dell’ Afghanistan, primo capitolo dell’operazione planetaria denominata enduring freedom, hanno aperto “ufficialmente” il nuovo secolo XXI° del Terzo Millennio. Un secolo quindi che, date le premesse, si annuncia foriero di guerre e disastri i quali promettono di far impallidire i fiumi di sangue e le stragi del Ventesimo secolo. Ma già alla fine del secolo appena trascorso il crollo dell’URSS, la fine del condominio bipolare russo-americano, la riunificazione tedesca, le guerre balcaniche, l’endemica crisi mediorientale, il risveglio della Cina e l’affacciarsi sulla politica internazionale di nuove potenze atomiche come India e Pakistan, avevano mutato completamente l’assetto del mondo uscito dalla II Guerra Mondiale e dagli accordi di Yalta. Mutamenti che hanno costretto politologi e polemologi, storici e geopolitici a rivedere e ridefinire le proprie categorie mentali ed interpretative in situazioni che sembrano ogni giorno di più sfuggire di mano ai cosiddetti “Potenti” della Terra, mentre le masse umane del Sud del mondo, oramai calcolate in miliardi, precipitano nel baratro della miseria, del sottosviluppo, della disperazione.
L’11 settembre americano rappresenta, oltre tutto il resto, il segno incontrovertibile di come anche la parte privilegiata del pianeta, il Nord mondiale opulento, industrializzato e supertecnologico, non sia affatto immune dalla catastrofe che si annuncia all’orizzonte e della quale le nubi di polvere e calcinacci delle torri abbattute non rappresentano che l’avvisaglia di una tempesta globale da tempo annunciata e sempre sottovalutata. Uno degli aspetti più eclatanti ha riguardato l’apparente estrema facilità con cui un pugno di uomini, martiri volontari votati a sicura morte, ha potuto colpire il cuore della talassocrazia americana, il più potente, armato e apparentemente invulnerabile impero mai apparso sulla faccia della Terra. Anche in questo campo la crisi mediorientale, la guerra del popolo palestinese condotta contro l’occupazione sionista con gli uomini-bomba ha fatto scuola, dimostrando come il coraggio fino all’autoimmolazione possa mettere in crisi una superpotenza con armamento classico.
Il fatto poi che lo scontro attuale non sia fra due potenze o due coalizioni di stati contrapposte, bensì opera di una semplice organizzazione (sempre dando credito alla versione ufficiale dei fatti) ha messo in crisi tante certezze, tante illusioni del passato; e questo in particolare nel campo degli “addetti ai lavori”, cioè gli strateghi, i militari, gli esperti di polemologia, per non parlare di storici ed intellettuali. Se al contrario non vogliamo accettare acriticamente quanto ci è stato ammannito finora su tutta la catena dei tragici eventi, allora a maggior ragione ci dovremmo interrogare e pre-occupare su cosa REALMENTE stia accadendo nel mondo, al di sopra delle nostre teste ma non delle nostre vite; essendone alla fine tutti coinvolti come oggetti inconsapevoli e strumenti ciechi della volontà di potenza e dominio di una ristretta élite di padroni occulti del destino globale.
E’ una GUERRA SENZA LIMITI, né spaziali né temporali e neanche strumentali, quella che Bush e l’Amministrazione USA hanno dichiarato nel mondo, cavalcando la paura e l’isteria collettiva innescata dai dirottatori suicidi. Una guerra senza confini definiti, condotta al di fuori di ogni regola, calpestando ogni ultima parvenza di diritto internazionale; una guerra più “sporca” di tutte quelle che l’hanno preceduta, guerra totale alla popolazione civile (e questa non è certo una novità) che però fallisce gli obiettivi principali annunciati per conseguire invece quelli reali, economici e geostrategici.
La demonizzazione dell’avversario portata al parossismo, la censura e la propaganda imposte praticamente a tutti i governi e i media, escluse rare significative eccezioni che saranno l’obiettivo degli attacchi futuri, i bombardamenti “mirati” e le “bombe intelligenti” che falcidiano popolazioni inermi (ovviamente sempre…per un tragico errore, un’imprevista fatalità), l’uso oramai ammesso pubblicamente quando non esaltato della tortura sui prigionieri, incatenati e umiliati come nelle antiche rappresentazioni su pietra o marmo che credevamo retaggio di tempi lontani, ci danno solo in parte la misura del mutamento in atto: di come sarà condotta la guerra di un domani che è già oggi e, forse, è quella di ieri e di sempre, senza più ipocrisie e rimozioni, infingimenti e riletture ad usum delphini.
Di fronte a nuovi scenari internazionali anche “l’Arte della Guerra”, per usare il termine della celeberrima opera del cinese Sun Zu, dev’essere rimessa in discussione, nei suoi mezzi come nei fini, nei suoi limiti o meglio nella mancanza di ogni limite, essendo la guerra del futuro non solo totale per il numero delle persone coinvolte (praticamente tutti) e il territorio (l’intero pianeta e ora anche lo spazio esterno), ma anche per i mezzi e i campi che coinvolge: dalla tecnica alla biologia, dai media alla religione, dall’informatica alla finanza e così via. Praticamente non esiste campo dell’interesse umano che non ne venga coinvolto. Non ci sono e non ci saranno mai più “isole felici”, campi neutri e neutrali che possano evitare il coinvolgimento nello scontro planetario di forze, palesi ed occulte, appena iniziato col nuovo secolo e millennio. La stessa distinzione semplicemente temporale di Von Clausewitz tra politica e guerra quale “suo proseguimento con altri mezzi” perde di spessore, di consistenza considerando l’intreccio, la fusione tra guerra e politica, oramai inconfondibili l’una dall’altra.
Una GUERRA/POLITICA che si fonde sempre più con la religione, l’etica, l’assolutismo dottrinario. Dunque guerra ideologica e di “visioni del mondo” contrapposte, irriducibili, irriducibilmente antagoniste ed autoescludentesi l’un l’altra. Filosoficamente potremmo arrivare a confermare oggi più che mai l’intuizione di Eraclito definendo la guerra la madre e matrice di tutte le cose; essa si capovolge quindi nel suo contrario divenendo base stessa della vita nel momento in cui la toglie. Secondo gli autori del libro di cui passiamo a trattare si potrebbe avere in futuro il paradosso di una “guerra senza vittime, senza spargimento di sangue”. Ma è altrettanto vero che la potenza micidiale degli armamenti moderni è tale da poter annientare in brevissimo volger di tempo miliardi di esseri, fino all’annichilimento totale della vita terrestre, come oggi la conosciamo. Una “sottile linea rossa” divide le future possibilità sugli esiti della guerra moderna: guerra “virtuale”, asettica, senza che sia versata una goccia di sangue o guerra d’annientamento totale del genere umano medesimo. Per il momento corriamo sul filo tagliente di una lama sottile come un capello tesa sull’abisso del Nulla: tra guerre “classiche”, attentati terroristici, fredda tecnologia senza passioni e truculenti genocidi senza remore e regole, quali né il mondo animale né i nostri antenati ancestrali mai conobbero o neanche immaginarono.
Il testo
“GUERRA SENZA LIMITI” è appunto il titolo del libro di due autori cinesi completamente sconosciuti fino ieri al grande pubblico, noti soltanto agli esperti di polemologia: Qiao Liang e Wang Xiangsui, Colonnelli Superiori dell’Aeronautica Militare cinese, un grado a metà fra Colonnello e Generale. Particolare rilevante, i due appartengono ai Dipartimenti Politici dei Comandi superiori. Sono in pratica Commissari Politici addestrati al controllo ed alla propaganda presso gli alti comandi militari della Repubblica Popolare Cinese. Esperti quindi di tecniche militari e di dottrina politica, di strategia e storia, con solide basi filosofiche e di cultura classica, sia cinese che occidentale. Il sottotitolo del libro, ora parzialmente pubblicato anche in italiano dalla Libreria Editrice Goriziana (Corso Verdi 67 – Gorizia. Http://www.leg.it/ e-mail: leg@leg.it ) nella sezione “Le Guerre”, è quanto mai chiarificatore del contenuto: “L’ARTE DELLA GUERRA ASIMMETRICA FRA TERRORISMO E GLOBALIZZAZIONE”! Altro elemento molto significante è rappresentato dal nome del curatore italiano, il Generale Fabio Mini.
Il Ten. Gen. Fabio Mini non è un gallonato qualsiasi dell’esercito da operetta nel paese dei “fichi d’India”; è infatti il Capo di Stato Maggiore del Comando Forze Alleate del Sud Europa. Quindi un uomo degli americani che parla e scrive in funzione del ruolo che ricopre. Laureato in Scienze Strategiche, con specializzazione in Scienze Umanistiche, è anche esperto di questioni cinesi. Ha scritto a sua volta “Comandare e comunicare” e “L’altra strategia”, ma soprattutto è collaboratore di varie riviste come la “Rivista Militare”, “Panorama Difesa” e la rivista di geopolitica “Limes” con la sua filiazione in inglese “Heartland”, voci della visione geopolitica mondialista e filo occidentalista. In particolare si distinse sull’ultimo “Quaderno speciale” di Limes (“Le spade dell’Islam”) con un articolo dal titolo “Perché combattiamo ancora”, inneggiante all’intervento USA in Afghanistan e nel resto del mondo: “Se avevamo bisogno di un attacco terroristico di proporzioni immani e di una guerra bizzarra e asimmetrica [!] per acquistare coscienza del mondo a-lineare in cui viviamo, i cinquemila di New York [già ridottisi a meno di tremila- nota mia] non sono morti invano e la guerra al terrorismo in Afghanistan e altrove è giusta e doverosa”.
Insomma…”datemi un migliaio di morti per fare la guerra la mondo”! Neanche Bush in piena esaltazione patriottica del “Dio è con noi !” era mai arrivato a tanto. Il nuovo Dott. Stranamore si scagliava anche contro i “vecchi movimenti ideologici e rivoluzionari condannati dalla storia” accomunando l’Antrace negli Stati Uniti [oramai appurati di matrice interna] alla “spazzatura propagandistica e di disinformazione [parola dell’esperto!…] che ci viene propinata sotto le nobili vesti del diritto al dissenso…E non importa se la matrice sia bianca, nera o rossa. La lotta istituzionale si deve rivolgere anche in questo campo e non sarà né semplice né indolore”. Sarebbe un grave errore liquidare queste affermazioni e tante altre dello stesso tenore come delirio di onnipotenza totalitaria di un nostalgico del golpe, di un satrapo con stellette dell’impero americano. La verità è che quasi tutta l’intellighentia occidentale, liberal compresa, è sulla stessa lunghezza d’onda: basti pensare al tam-tam mediatico che ha accompagnato l’articolo poi libro di quella trista figura di Oriana Fallaci.
Gli appelli da crociata, da guerra di religione dell’ex allievo dell’Accademia Agostiniana dell’Università Lateranense sono oramai parte del bagaglio bellico mediatico occidentalista, nel momento stesso in cui accusa di fanatismo integralista il mondo mussulmano. Dovremmo anzi essere riconoscenti a Mini per aver dichiarato senza tanti giri di parole e peli sulla lingua quali sono i veri scopi, anche interni, dell’aggressione mondiale in atto, oltre ovviamente al fatto di farci conoscere il pensiero dei due omologhi cinesi di “Guerra senza limiti”. Il libro in questione nacque in tempi non sospetti, nel 1999 ed ha subito varie manipolazioni, anche per le traduzioni in inglese della CIA. Mini presenta l’attuale parziale traduzione italiana come il quarto libro, come “l’ultimo dei vangeli” (sic!), cioè il più completo e da una nuova visuale. Ed è sempre Mini nell’introduzione a confermare l’idea che il testo in questione sia rivolto contro gli USA, anche se pensa che i tempi non siano ancora maturi per lo scontro. Non c’era ancora stato il bombardamento americano dell’ambasciata cinese di Belgrado e l’incidente del Mare Cinese Meridionale , da noi trattato ne “Lo scorpione nel cespuglio”.
La tesi fondamentale di Liang e Xiangsui è un poco come l’uovo di Colombo: di fronte al mutamento tecnologico ed a quello politico internazionale, con la scomparsa del vecchio ordine bipolare ed il sorgere di nuovi soggetti, anche la guerra con le sue armi di offesa e difesa, i suoi obiettivi tattici e strategici, i suoi campi d’azione, deve essere totalmente rivista. Come tutte le idee innovative la sua genialità consiste nella semplice evidenza dei fatti. E’ noto del resto che i militari sono soliti combattere le guerre con le strategie della precedente e si trovano impreparati di fronte alle novità ed alla loro applicazione. Il carro armato già noto nella I Guerra Mondiale fu il protagonista della blitzkreig anche grazie all’uso innovativo che ne seppe ideare un ex caporale austriaco che aveva combattuto la guerra di trincea del fronte occidentale; un certo Adolf Hitler… Il campo d’azione delle guerre future è oramai globale. Esso coinvolge molti aspetti apparentemente lontani dai campi di battaglia tradizionali.
Come le nuove armi mirate. Il raggio laser che acceca il nemico, l’arma genetica che gli israeliani starebbero mettendo a punto per sterminare solo genti con un particolare patrimonio genetico (gli arabi) o il “raggio della morte” che lascia intatte le strutture e i manufatti, la mina antiuomo che mutila mani e gambe senza uccidere la vittima, rendendola così un peso per i suoi, sono solo alcuni degli esempi di una guerra forse meno sanguinaria ma non certo meno terribile.
Il Presidente ceceno Dudayev fu centrato da un missile russo, seguendo il segnale del suo cellulare mentre telefonava. I computer ed internet, che hanno ridisegnato i rapporti mondiali, sono nati dalla ricerca in campo militare. Oggi l’hacker che viola il sito del Pentagono o della Nato, il terrorista che fa saltare palazzi, basi militari o il Pentagono lo distrugge usando se stesso come bomba, ma anche il magnate della finanza che smuove in tempo reale miliardi di dollari sul mercato finanziario internazionale, mettendo in ginocchio economie anche floride e sul lastrico milioni di uomini, sono molte facce di una stessa medaglia.
Bin Laden e Soros, Bush e Bill Gates, i magnati sauditi del petrolio e gli hackers mondiali, la CNN e la CIA: tutti costoro agiscono in campi certo molto differenti, eppure le loro azioni possono rientrare nel concetto di “OPERAZIONI DI GUERRA NON MILITARI”, da distinguersi dalle “OPERAZIONI MILITARI DIVERSE DALLA GUERRA”. Il rapimento di un presunto terrorista, l’omicidio, la tortura ecc.. possono rientrare in questa seconda categoria. Operazioni belliche non militari potrebbero essere il rastrellamento di azioni in Borsa, le notizie date od occultate da una Corporation dell’informazione, l’abbassamento o l’impennata del prezzo al barile del petrolio deciso dall’OPEC e così via.
Oggi sempre più si parla di “guerra commerciale”, “guerra finanziaria” e simili. L’elevazione e/o l’abolizione di barriere doganali, gli embarghi economici tipo quello all’Iraq o a Cuba, lo stato di most favored nation, i blocchi marittimi e aerei, sono certamente operazioni di guerra ma non militari in senso stretto anche quando usano strumenti come navi e aerei militari. Lo spionaggio informatico, la rete di spionaggio industriale di Echelon sono altrettanti esempi palesi. E che dire di Hollywood e della cinematografia bellica tornata in auge proprio con l’11 settembre ? Puro strumento di propaganda e dominazione delle menti, anche attraverso una continua riscrittura e falsificazione della storia: gli americani, per esempio, vincono sullo schermo anche le guerre perse sul campo. E, ovviamente, sono sempre i Buoni, i Giusti, gli Eroi contro un nemico empio e vile: i “Nostri” contro il Male di turno. Dall’antichità ai nostri giorni il campo di battaglia si è sempre di più esteso fino a coinvolgere i civili, le città, nazioni e continenti interi. Ma oggi il conflitto arriva anche allo “spazio NON naturale”, lo “SPAZIO DELLA RETE”, “uno spazio tecnologico costituito da una combinazione distintiva di tecnologia elettronica, tecnologia informatica e applicazione di design specifici”.
Forse la “guerra nello spazio nanometrico” del futuro che non coinvolga esseri umani è una delle tante utopie di scontro a perdite umane zero. Eppure è già cronaca che una guerra persa o non vinta sul campo di battaglia può essere risolta altrove “chirurgicamente”. Il caso Serbia docet; non vinta militarmente l’ex Yugoslavia, oramai ridotta a Serbia-Montenegro si è piegata all’assedio economico, conquistata dall’interno comprandone letteralmente parte della classe dirigente, fino a VENDERE il proprio leader Milosevic al Tribunale Internazionale dell’Aja, longa manus degli USA nell’eliminazione “giuridica” dei propri avversari. Anch’esso è già superato dal famigerato U.P.A. (USA Patriotic Act) del 13 novembre 2001 che spazza via ogni infingimento di diritto internazionale, dando agli Stati Uniti la facoltà di rapire, processare e condannare anche a morte senza praticamente garanzie e difesa ogni loro oppositore in ogni paese del mondo.
Eliminando quindi d’un colpo anche la finzione dell’indipendenza e sovranità degli altri stati rispetto alla superpotenza dominante. “Dov’è il campo di battaglia ?” si chiedono gli autori di “Guerra senza limiti”. La risposta è scontata: “Ovunque”. Ne consegue che alla domanda “CHI fa la guerra” oggi, la risposta altrettanto scontata è che oramai non sono solo i militari professionisti ad avere l’esclusiva sui vari campi di battaglia. Civili altamente specializzati o inquadrati possono fare ben più danni. E’ l’applicazione ed estensione globalizzata del principio della guerra popolare di liberazione del Presidente Mao: “ogni cittadino è un soldato”. Anche la nuova concezione della “guerra dimensionale totale” dell’esercito USA, nel compendio “The Essentials of War” è sottoposta a critica dagli autori cinesi in quanto non comprende tutto il vasto campo delle “operazioni di combattimento non militari” di cui si è detto sopra.
Del resto è comprensibile che la casta militare in occidente come nei paesi dell’ex blocco sovietico sia restia ad allargare tanto il campo del concetto bellico; ciò ridurrebbe il peso ed il ruolo delle FF.AA. fino a vanificarne l’autorità e dissolverla nel contesto dello strategia globale di difesa-offesa che vedrebbe privilegiati i nuovi soggetti sociali e politici, dall’informatico all’esperto finanziario, dal mediatico allo scienziato, per non parlare delle élites politiche che dovrebbe coordinare i vari sforzi. Dalla Rivoluzione Islamica Iraniana in poi il “clero” mussulmano ha preso le redini anche della politica e della guerra. In occidente il papato di Giovanni Paolo II è uno degli esempi più eclatanti nella storia dell’ingerenza della religione usata come arma per combattere ed abbattere gli stati nemici. In Cina al contrario è dai tempi della Lunga Marcia e poi della Rivoluzione Culturale che vige il principio del “controllo del Partito sul fucile” e non viceversa.
E Qiao Liang e Wang Xiangsui sono sì militari ma anche Commissari Politici che sanno coniugare arte militare e filosofia taoista, matematica e storia, dottrina marxista-maoista e nazionalismo. “Guerra senza limiti” si legge d’un fiato anche per chi non è addentro alle tematiche trattate, non è un esperto di polemologia e strategie militari e nonostante la traduzione non possa che rendere molto vagamente tutta la ricca complessità e le sfumature della lingua cinese. Nella seconda parte del loro testo i due autori cinesi trattano dei nuovi metodi operativi, delle metodologie dei “giochi di guerra”. E’ la COMBINAZIONE dei vari elementi, delle disparate discipline e campi di applicazione il segreto del successo nella guerra futura, colpendo dove si è più forti, ritirandosi di fronte all’avanzata di forze nemiche preponderanti; ancora l’applicazione della teoria bellica maoista applicata al mondo globalizzato ed informatizzato! “Il Tao ha prodotto l’Uno, l’Uno ha prodotto il Due, il due ha prodotto il tre ed il tre ha prodotto le decine di migliaia”. La combinazione dei mezzi se diminuisce l’importanza dell’uso delle armi amplifica all’infinito il campo di battaglia, il concetto stesso di guerra moderna: una combinazione vincente.
Gli Stati Uniti il cui potenziale militare in Afghanistan era sproporzionato all’obiettivo dichiarato di combattere il terrorismo di Al Qaida e abbattere il regime che la ospitava, hanno ottenuto lo scopo (vero) di impiantarsi nel cuore d’Eurasia, ma hanno fallito quello dichiarato; né poteva essere altrimenti, usando armi e strategie inadeguate ad una sfida completamente diversa da quella della Guerra Fredda, cui ancora è legata l’Amministrazione repubblicana. Sempre ovviamente che si considerino veritieri gli antefatti e gli obiettivi dichiarati, gli esiti raggiunti…. Come già fu per la Guerra del Golfo e Saddam Hussein. “Che si tratti dell’intrusione degli hackers, di una grave esplosione al World Trade Center o di un attentato dinamitardo di Bin Laden, tutti questi eventi eccedono di gran lunga le bande di frequenza comprese dall’esercito statunitense” (pag. 126) Di fronte ad un nemico con un basso livello tecnologico, gli USA sono incapaci di usare il mastodontico apparato bellico predisposto per guerre tradizionali tra blocchi di stati equipollenti. Ricordiamo ai nostri lettori che queste pagine sono state scritte tra il ’96 e il 1999, ben prima quindi dell’11 settembre 2001. Una profezia da brivido! “Gli ultimi giorni dell’impero americano” di Chalmers Johnson, del quale abbiamo già trattato, aveva previsto con largo anticipo la crisi Cina-Usa dell’aprile 2001. Nel mondo contemporaneo libri e cinema anticipano la realtà.
0,618
Nel secondo capitolo di questa sezione intitolato “Cercando le regole della vittoria: la forza si allontana dal punto dell’attacco nemico”, Qiao Liang e Wang Xiangsui avanzano un inedito paragone tra arte e guerra (per Sun Zu la guerra è un ‘arte, da cui il titolo appunto di “Arte della Guerra”), basato sulla regola della “Sezione Aurea” del filosofo greco Pitagora, il numero 0,618. Lo 0,618°=rapporto aureo del 2:3, rappresenterebbe la “deviazione verso l’elemento secondario” che secondo i due autori è alla base di tante vittorie in battaglia, dall’antica Cina alla battaglia di Arbela tra Alessandro Magno e Dario, da Annibale a Gengis Khan, dalla spedizione russa di Napoleone al piano Barbarossa di Hitler, fino alla Guerra del Golfo di Schwartzkopf, evento che gli autori sembrano considerare il primo esempio della guerra moderna, con impiego differenziato di vari tipi di armi e le controstrategie di Saddam Hussein. La regola aurea sarebbe = alla regola del secondario-principale, cioè deviare verso l’elemento secondario, situato a 2/3 della linea del fronte per accerchiare e colpire l’elemento centrale. Mutatis mutandis questa regola, che non va tuttavia applicata acriticamente alla lettera (“una regola, non una formula fissa”…”da considerare come un principio, non come un teorema”), rappresenterebbe anche la strategia vincente per affrontare una grande potenza avversaria colpendo in un settore secondario e quindi meno protetto, scompaginando così l’assetto del nemico.
Il Tao e l’Arte della guerra
La questione è certo più complessa e deve essere letta direttamente dal testo, pagina per pagina, seguendo il filo logico del discorso dei due autori e i relativi esempi storici sui campi di battaglia. Talvolta essa sconfina nella filosofia, nel concetto orientale del Tutto formato dall’unione degli opposti, lo Yin e lo Yang, in una variazione multipla di possibilità e adattamenti alla situazione concreta: “Diecimila metodi combinati in uno: combinazioni oltre i limiti”, che è il titolo del III capitolo della seconda parte. Combinazioni di organizzazioni nazionali , internazionali e non statali; combinazioni degli ambiti, dei mezzi (di tutti i mezzi disponibili, militari e non), combinazioni stratificate (i livelli del conflitto), quattro livelli in ordine decrescente:
Grande guerra – politica bellica
Strategia di guerra
Campagne – arte operativa
Battaglie – tattiche
Nell’ultima parte poi i due ufficiali-commissari offrono una panoramica sintetica dei principi enunciati, per una “guerra combinata oltre i limiti”: ONNIDIREZIONALITA’, SINCRONIA, OBIETTIVI LIMITATI, MEZZI ILLIMITATI, ASIMMETRIA, CONSUMO MINIMO, COORDINAMENTO MULTIDIMENSIONALE, CONTROLLO E CORREZIONE DELL’INTERO PROCESSO. Rivolgere l’azione a 360 gradi, non solo negli spazi fisici ma anche in quelli politico-economici, culturali, psichici, con una sincronia di azioni in spazi differenti nello stesso arco di tempo, con obiettivi limitati ma utilizzando tutti i mezzi a disposizione verso quello/quegli obiettivi pre-fissati. L’asimmetria è un punto fondamentale: cercare i nodi asimmetrici rispetto al centro di potenza dell’avversario, colpendo a sorpresa in un punto dove il nemico, più dotato di mezzi ha difficoltà a dispiegare tutta la sua potenza di fuoco e d’intervento.
Un esempio che ci viene in mente: gli aerei dirottati sulle Torri Gemelle e sul Pentagono non furono intercettati dai caccia (probabilmente il quarto soltanto fu abbattuto prima di colpire Washington), mentre tutto l’apparato bellico, aeronavale e missilistico USA è orientato verso l’esterno, contro un eventuale attacco classico da un’altra potenza che usi armamento convenzionale. La mania dei Bush per lo “Scudo spaziale” si basa su questa superata concezione della guerra ai tempi del confronto USA-URSS. Consumo minimo e coordinamento multidimensionale servono ad ottimizzare e razionalizzare le azioni, avendo però ben chiaro che come presupposto deve esserci un obiettivo specifico. Si è attaccato l’Afghanistan con le fortezze volanti, i missili e le super-bombe per colpire Bin Laden o si è attaccato Bin Laden per invadere l’Afghanistan? In un caso come nell’altro consumo e coordinamento furono assolutamente sproporzionati e l’obiettivo solo in parte conseguito tramite altre variabili (aprire la strada all’Alleanza del Nord, assicurarsi l’appoggio delle retrovie in Pakistan, reprimendo la reazione popolare islamica, allargare il fronte ai paesi mussulmani con governi succubi degli USA, promettere l’indipendenza della Palestina, salvo scaricare Arafat a cose quasi concluse, ecc…).
Infine è indispensabile la correzione e il controllo di tutta l’operazione in ogni momento del suo svolgimento, con la continua acquisizione di nuove informazioni e la conseguenziale modificazione dell’azione in corso sulla base dei nuovi dati acquisiti.
Conclusione
La conclusione di “Guerra senza limiti” trae spunto dai profondi cambiamenti verificatisi a causa della globalizzazione; quindi alla necessità di tenerne conto anche per quanto riguarda i mutamenti nell’arte bellica. In un mondo globale dunque anche la guerra non può che essere globale, nello spazio (quello virtuale compreso), nelle risorse , nei mezzi, nel coordinamento, nei soggetti coinvolti : in tutto. “Man mano che lo scenario della guerra si è ampliato, coinvolgendo la sfera politica, economica, diplomatica, culturale e psicologica, oltre all’ambito terrestre, marittimo, aereo, spaziale ed elettronico, l’interazione tra tutti questi fattori ha fatto sì che la sfera militare non potesse più facilmente essere quella dominante in ogni guerra”. (pagg. 148-149) Potremmo chiosare affermando che la guerra è diventata un affare troppo importante per lasciarla gestire dai militari o solo da loro.
Per l’Italia, colonia USA, questo problema non si pone, essendo i nostri generali e ammiragli incapaci di fare anche la guerra classica e persino come “truppe camellate” dei nostri padroni a stelle e striscie; tuttalpiù ne possono scrivere sui libri o disquisire in tv, tra una gag ed un balletto. La guerra è un arte e come tale deve fissarsi su proporzioni stabilite (la sezione aurea dello 0,618) ma anche abbandonarsi talvolta all’improvvisazione geniale, all’intelligenza strategica di chi sappia coordinare tutti gli strumenti a disposizione utilizzando risorse materiali, tecniche ed umane al meglio delle possibilità consentite. Essendo spesso le forze in campo sproporzionate la “guerra senza limiti” è l’arte di una guerra ASIMMETRICA che utilizza tale a-simmetria a proprio vantaggio, individuando e colpendo nel punto e nel momento più indicati per poi ritirarsi di fronte a forze preponderanti, ripartire all’attacco e così via.
Uno degli aspetti positivi della globalizzazione è che la tecnica e l’informatica moderne offrono anche a soggetti più limitati di uno stato o di una coalizione gli strumenti e le occasioni per divenire protagonisti degli eventi correnti. Se veramente gli avvenimenti dell’11 settembre fossero andati come ci raccontano, le successive azioni militari statunitensi dimostrerebbero che gli USA non hanno ancora compreso niente della mutazione in atto nel mondo del conflitto globalizzato e asimmetrico. E sarebbe una buona notizia. Già usare il termine “terrorismo” denuncia comunque un residuo della mentalità da secoli passati, quando solo lo stato nazionale istituzionalizzato era soggetto di diritto internazionale e gestore unico dell’impegno armato nella risoluzione delle controversie internazionali.
Oggi non è più così, come ci dicono gli stessi autori. Si pensi solo per fare un esempio al dibattito in America e sulla stampa internazionale se si debbano considerare i prigionieri islamici a Guantanamo come “prigionieri di guerra”, protetti dalla Convenzione di Ginevra, come terroristi o altro. In fondo, senza tante sottigliezze da legulei del diritto internazionale, violato dagli stessi USA ogni giorno nel mondo, possiamo affermare che la differenza tra “patriota” e “terrorista” consiste nel fatto che … il primo ha vinto e il secondo ha perso; come sempre da che mondo è mondo “VAE VICTIS”! E vorremmo concludere questa presentazione di “Guerra senza limiti” di Qiao Liang e Wang Xiangsui, testo indispensabile per chi voglia conoscere gli avvenimenti contemporanei e le prospettive future della politica mondiale, con una citazione tratta di Massimo Fini, una delle pochissime menti rimaste lucide ed essenziali anche durante i mesi di isteria bellica collettiva seguenti all’11 settembre 2001.
A conclusione del suo acutissimo saggio controcorrente dal titolo “Elogio della guerra” Fini scrisse: “Per questo oso dire che i drammi dell’era atomica sono due e non uno come sembra a prima vista. Il primo è certamente che la guerra nucleare, se si fa, rischia di distruggere l’umanità. Ma il secondo, non meno grave, è che la guerra nucleare impedisce di fare la vecchia, cara, onesta guerra”. Sapremo riscattarci da questo dilemma nel prossimo XXI secolo, abbandonandoci tutti all’arte sublime di una guerra senza limiti?